Chi siamo…

“Il Rosario è da noi considerato come particolare segno della nostra spiritualità per la storia e il nome della nostra Congregazione. Lo vediamo come la sintesi del Vangelo; lo meditiamo recitandolo quotidianamente per vivere di Gesù come Maria. Il Rosario ci indica anche le tappe della nostra vita vissuta nel piano di Dio e realizzata nel Cristo in docilità allo Spirito Santo. Ci sentiamo quindi impegnate a valorizzare questa preghiera, viverla in noi stesse, esserne convinte e fervide apostole.” (R.V., 117)

 

Nel 1703 il Patriarca Dionisio Delfino invita le persone pie a impegnarsi nell’insegnamento della dottrina cristiana al popolo. La Contessa  Emilia Freschi dei Conti di Cucagna di Faedis, famiglia profondamente religiosa e devota alla Madonna del Rosario,  risponde all’appello, e insieme ad alcune compagne di apostolato e di preghiera avvia nel 1705 a Udine, in via Treppo, una scuola domenicale di dottrina per le fanciulle povere della città, animata dalla fervente pratica della recita del rosario.

Tra i tanti nomi con cui verranno chiamate, come “Maestre della dottrina cristiana”, “Figlie della carità”, “Poverelle della carità”, “Consorelle del Rosario”, quello di “Rosarie” prevarrà su tutti, fino ai nostri giorni.

La Pia Casa di Carità di Udine fondata da loro nel 1738 viene aiutata in un momento di grave crisi e ampliata grazie all’incontro provvidenziale con Filippo Renati negli anni tra il 1756 e il 1761. Interpretando in una forma organizzata di apostolato laico il condiviso motto “La mano all’opera, il cuore a Dio”, Filippo Renati e le Rosarie contribuiscono e danno slancio nella Udine del ‘700 alla carità educativa, rivolta alla formazione umana, spirituale e anche professionale della gioventù abbandonata. La Contessa Emilia Freschi muore nel 1749 e viene sepolta nella Basilica della Madonna delle Grazie di Udine.

La natura laica della Pia Società delle Maestre Rosarie consente loro, uscite indenni dalle soppressioni napoleoniche, di operare con relativa tranquillità fino agli inizi del  ‘900, quando la pressione laicista influenza le direttive del consiglio di amministrazione dell’Istituto Renati, tentando l’allontanamento delle Rosarie dalla loro casa madre. Dimostrato per via legale il loro stato laico, verso il 1920 le Rosarie si avviano, non senza difficoltà, verso la scelta della vita consacrata, decidendo di diventare Congregazione Religiosa. In questo percorso di passaggio sono per loro di fondamentale aiuto i consigli e la guida di Mons. Luigi Paulini, già loro direttore spirituale  e poi vescovo di Concordia, e di Mons. Anastasio Rossi, arcivescovo di Udine.

Il 5 agosto 1925 viene dunque eretta la Congregazione delle Suore della B. V. Maria Regina del SS.mo Rosario. Il 15 dello stesso mese emettono  i voti le prime 39 suore Rosarie e Maria Dolores Bergagna è la prima Madre Generale eletta. Da allora la Congregazione inizia a estendersi anche fuori del Friuli. Nel 1950 la Congregazione diventa di diritto Pontificio. Nel 1966, secondo le direttive del Concilio Vaticano II, si uniscono alle Figlie del SS. Sacramento, dal 1919 presenti a Villa Santina e di diritto Diocesano.

Nel luglio del 1976, il Capitolo Generale della Congregazione, guidato dalla Madre Generale Sr. Luigia Menegozzo, accoglie l’istanza presentata da Sr. Ilaria Andriolo di iniziare una  presenza delle Suore Rosarie  in terra di missione. La prima destinazione è la Bolivia. È l’inizio di un cammino ardentemente desiderato. Dal 2001 le Rosarie,  con il loro carisma apostolico di educatrici dell’infanzia e della gioventù,  fioriscono  anche in Cile, a Copiapò, accanto ai fiori del deserto di Atacama….

Queste vite, che per trecento anni si sono avvicendate  e espresse tenendo fede a un antico motto e  condiviso ideale  “La mano all’opera, il cuore a Dio”, dimostrano  che la tendenza della realtà sociale a peggiorare a livello mondiale può essere contrastata dalla pratica della carità educativa  solo lavorando  a livello locale, più ristretto e mirato, fino a raggiungere il modulo della famiglia, cuore di una società.

Le Rosarie, consapevoli sia della vastità della miseria umana che dell’importanza di un solo filo in un lavoro di ricamo, in trecento anni hanno sperimentato questo “progetto sociale”, ribadendo anche con l’esempio della loro storia quanto spiegato del resto già da San Paolo: che se anche  avessimo il dono di conoscere tutti i misteri, di possedere tutta la scienza e perfino una fede da smuovere i monti, difficilmente si potrà avere un risultato autentico per la carità fraterna assistenziale, se essa non sarà animata dalla forza di volontà dell’amore evangelico.

Il loro motto “La mano all’opera, il cuore a Dio” è ancora attuale e le vivifica ancor più oggi, quando i promettenti segnali di una cultura della condivisione e solidarietà responsabile rendono più urgente il bisogno di conservare il cuore degli uomini contro il relativismo e l’individualismo attuali e dunque anche più esigente  il bisogno di formarlo attraverso il valore sociale e storico esclusivo del messaggio evangelico.

Inoltre l’apostolato della carità testimoniato dall’esperienza storica delle Rosarie, attento alle attuali dinamiche di globalizzazione e solidarietà responsabile, si fa promotore ancora oggi di un impegno laico, soprattutto quello di ispirazione missionaria, facendosi interlocutore di realtà di volontariato nazionale e internazionale interessate a consolidare i propri progetti sui terreni delle nuove povertà, tanto aspri quanto stimolanti per una crescita sia materiale che spirituale della persona, e per un miglioramento progressivo e possibile della società umana.

Nel simbolo di vita di queste suore, il Rosario, il nome di Cristo tiene uniti non solo i grani di una corona che scorrono tra le mani, ma anche i misteri della gioia, della luce, del dolore e della gloria  che trascorrono in una vita intera, che attraversano trecento anni e ancor di più, che richiedono coraggio per essere ricordati come il coraggio di viverli, che danno motivo a un sogno di diventare realtà, attraverso la fedeltà nel tempo a un motto, a una promessa, a un impegno d’amore.